AL "VOLO DEL MATTINO" LE LEZIONI DEL PROF. ACCINELLI
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La divulgazione scientifica è da sempre una delle principali missioni di EUGEA, attuata ricercando un linguaggio semplice e adatto a tutti.
Siamo stati davvero felici di aver preso parte al “Volo del Mattino”, il programma radiofonico condotto tutte le mattine da Fabio Volo su Radio Deejay. Poter fare informazione attraverso uno dei programmi radiofonici più seguiti, potendo coinvolgere e informare “allievi” di tutte le età ci è subito sembrata una sfida da cogliere al volo.
E chi meglio di Ganumberto Accinelli può raccontare l’ambiente, la biologia, gli insetti e le verità celate da notizie solo apparentemente fantascientifiche?
Il 19 gennaio il nostro Gianumberto è stato ospite della trasmissione, in collegamento dal liceo scientifico Manzoni di Bologna, per parlare di uno strano caso ripreso da diverse testate nelle scorse settimane: le capre ragno.
Alcuni ricercatori dell’Università dello Utah hanno impiantato dei geni di ragno in alcuni esemplari di capra. Ma perché lo hanno fatto? Nel suo intervento Gianumberto ci ha spiegato come la seta del ragno abbia delle caratteristiche di resistenza paragonabili a quelle del miglior acciaio presente sul mercato.
Combinando questo gene con le proteine del latte prodotte dalla comune capra è quindi possibile ottenere un materiale resistentissimo ed elastico, un’avveniristica forma di bio-acciaio, capace di sopportare anche degli sbalzi termici estremi (da -20 ai 330°).
Il bio-acciaio ricavato dal latte delle capre ragno potrebbe essere sfruttato negli ambiti più svariati. C’è chi ne vede l’applicazione in ambito militare, chi in ambito biomedicale per creare protesi o per ricostruire muscoli danneggiati e c’è chi lo reputa particolarmente adatto per costruire infrastrutture e progetti di ingegneria civile.
Quella del 19 gennaio è stata solo un’anteprima di quello che potrebbe diventare un appuntamento fisso e dal nome rivelatore e simbolico: “Lezioni di Volo“. Un momento formativo e allo stesso tempo divertente per avvicinarsi ai molti misteri legati all’ambiente in cui viviamo.
Potete riascoltare l’intervento di Gianumberto al “Volo del Mattino” qui.
LE MILLE STELLE DEGLI STERCORARI AFRICANI
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Il Natale si sta avvicinando con il suo carico di doni, festività, riunioni in famiglia e, ovviamente, tante stelle colorate.
Tra tutta la costellazione di animali che popolano il nostro pianeta, solo uno si rivolge, come noi, si rivolge alle stelle. Si tratta dello scarabeo stercorario, il tozzo coleottero che ha deciso di prendere tutte le sostanze necessarie alla sua vita dallo sterco dei grandi animali.
Normalmente, lo troviamo in faccende affaccendato in mezzo ai prati frequentati dalle mucche. In mezzo all’erba, questi insetti infaticabili, troveranno abbondante “materiale” da processare e da mangiare: con le loro zampette, essi lavorano lo sterco bovino fino ad fargli assumere una forma sferica e quindi lo trasportano lontano in un luogo caratterizzato dal terreno soffice. La pallina verrà interrata non prima di avergli deposto un uovo all’interno. Sottoterra, protetta dallo dote non proprio profumata lasciata dalla madre, una piccola larva mangia e diventa grande. Talmente grande che ad un certo punto si trasforma in un adulto: si scava una via verso l’esterno e inizia a fare quello che da milioni di anni fanno i suoi avi: mangiare la cacca dei grandi mammiferi.
Quando lo sterco nel prato aumenta, la popolazione di coleotteri cresce e perciò si attua la competizione alimentare. È questo il momento in cui la loro vita si trasforma e da pacifica si fa crudele: le lotte intestine e i furti di palline di cacca diventano la norma.
Questi problemi diventano enormi nella savana africana dove la quantità di sterco è davvero ingente. Mentre nei nostri prati, dove pascolano allegre, le mucche producono circa 25 chilogrammi al giorno di “materiale”, nella savana la situazione si fa insostenibile, perché qui si aggirano numerosi pachidermi. Un elefante infatti mangia circa 250 chilogrammi di erba con conseguente produzione di circa 50 chilogrammi di sterco, circa il doppio di quello emesso dalle mucche. Va da sé che la lotta che si consuma sotto il cielo tempestato di stelle della notte africana è ben più pesante e cruenta di quella combattuta nei pascoli nostrani. Per vincere questa terribile guerra di escrementi bisogna unire alla forza anche l’intelligenza. Questo è il motivo per cui solo gli stercorari che sanno trasportare la loro pallina seguendo una linea retta portano a termine il loro lavoro. Quelli che invece seguono tortuosa piena di curve consumano più energie e diventano prede di ladri di sterco. Ma come seguire una linea retta in mezzo alla savana? Questo è un problema talmente grande che soltanto il cielo può risolvere: viene in soccorso degli stercorari disegnando nel suo centro una grande striscia luminosa dritta come un fuso che prende il nome di Via Lattea.
E quindi, la nostra notte di natale è illuminata da milioni di stelle che si accendono e che si spengono mentre, nello stesso momento, milioni di stelle splendono nelle notte africana guidando una intera legione di stercorari dritti verso la meta.
IL MACAONE
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Cari amici,
anche se questa primavera stenta ad arrivare, sono comparse le prime farfalle. Da qualche giorno infatti si sono visti volteggiare nel cielo i macaoni, i più belli tra i lepidotteri italiani. E dopo aver veleggiato alleggramente tra un temporale e l’altro, hanno avuto modo di deporre qualche uova sulle loro piante nutrici, tra cui il finocchio selvatico e la ruta. Occhi aperti quindi: tra poco troverete qualche bellissimo bruchetto!
Ma andiamo con ordine, parliamo proprio dei bruchi di questa farfalla. Come nella favola del brutto anatroccolo, i bruchi del macaone non hanno un aspetto proprio da adone, anzi, pensate un po’, i piccoli del macaone assomigliano a minuscoli escrementi di uccello. Questo piccolo “escremento” si trasformerà prima in un coloratissimo bruco e poi in una splendida farfalla che spiccherà il volo volteggiando nell’aria inondata dal sole.
Ma come? Direte voi? Ci mandi all’aria la famosa frase di De Andrè che sostiene che “Dai diamanti non cresce niente e dal letame nascono i fiori”. Tu, entomologo da strapazzo, ti metti contro il famoso cantautore sostenendo esattamente il contrario? Che gli splenditi gioielli volanti, gli adulti del macaone, nascono delle cacchette di uccellino?
Cari amici, mi dispiace deludervi (tra l’altro anche io sono un fan di De Andrè) ma con la verità non si negozia: ha sempre ragione lei e per fortuna! I bruchetti, infatti, non avendo ingerito le sostanze aromatiche della pianta nutrice, sono, potenzialmente, dei bocconcini prelibati per predatori. Si travestono da escremento proprio per sfuggire agli uccellini. Dopo aver ingerito una bella quantità di sostanza vegetale aromatica, essi diventano repellenti e quindi si “vestono” con i bellissimi colori che conosciamo e che vedete in foto.
E sapete come passano la vita questi bruchetti? Mangiano, mangiano e mangiano? Quanto mangiano? Tanto anzi tantissimo. Pensate che, di pasto in pasto, il bruco ne fa di strada: da larva neosfarfallata a larva matura il peso aumenta di 30.000 volte! E dopo aver mangiato cosa fanno? Fanno quello che farete voi, cari amici di Eugea, aspettano. Ed infatti per sapere come continua questa storia dovrete aspettare qualche giorno, giusto il tempo di scriverla e metterla su questo blog.
IL TASSO DEL MIELE E L'UCCELLO INDICATORE
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Nella savana africana esiste una vera e propria associazione a delinquere che ha, come obbiettivo, quello di scassinare il deposito delle api per depredare l’oro zuccherino e liquido. La banda in questione è formata dall’uccello indicatore golanera (Indicator indicator) e dal tasso del miele o mellivora (Mellivora capensis).
L’uccello indicatore, lo scaltro, perlustra il territorio alla ricerca di un favo da depredare. Appena ne individua uno, emette dei lunghi fischi che richiamano il suo compare, il massiccio e coraggioso tasso del miele.
Appena la banda si riunisce inizia la loro attività truffaldina: l’uccello vola di ramo in ramo emettendo dei lunghi fischi e mostrando la coda bianca e nera al suo complice che non lo perde mai di vista. Quando giungono in prossimità del favo, il tasso affronta a mani nude le api inferocite. Questi insetti, ovviamente, lo pungono a tutto spiano ma lui non si preoccupa e continua a distruggere le cellette di cera con i grandi artigli. Egli infatti possiede una rara resistenza sia al veleno delle api ma anche a quello dei serpenti. Quando viene morso da un rettile mortale, il tasso se la cava con un dormita di due ore e, al risveglio, ritorna alla vita come se nulla fosse successo. Per questo motivo l’animale ha suscitato molto interesse nell’ambito medico che lo studia da tanti anni per sviluppare degli efficienti anticorpi e sieri antiveleno.
Come dicevano, mellivora distrugge il favo, scaccia le api, ruba il miele e lascia libero il campo all’uccello che chiude il cerchio mangiandosi tutte le larve del favo. Spesso e volentieri il delitto perfetto si complica con l’arrivo di un’altra specie che, al pari del tasso, è ghiotta di miele. Quando il silenzio della savana viene squarciato dall’inconfondibile fischio dell’uccello indicatore, alcuni individui della specie Homo sapiens sapiens iniziano a seguire il duo criminale.
Giunti sul luogo del crimine, il tasso fa cadere il nido, lo scoperchia, affronta la api inferocite e proprio mentre inizia a leccare la sua dolce ricompensa, il terzo incomodo fa la sua comparsa armato di bastoni con cui riesce, invariabilmente, a scacciarlo. Saranno quindi gli esseri umani a prelevare il miele dai favi e a lasciare le larve all’uccello indicatore.