LE MILLE STELLE DEGLI STERCORARI AFRICANI

Mese: Dicembre 2016


Il Natale si sta avvicinando con il suo carico di doni, festività, riunioni in famiglia e, ovviamente, tante stelle colorate.

Tra tutta la costellazione di animali che popolano il nostro pianeta, solo uno si rivolge, come noi, si rivolge alle stelle. Si tratta dello scarabeo stercorario, il tozzo coleottero che ha deciso di prendere tutte le sostanze necessarie alla sua vita dallo sterco dei grandi animali.

Normalmente, lo troviamo in faccende affaccendato in mezzo ai prati frequentati dalle mucche. In mezzo all’erba, questi insetti infaticabili, troveranno abbondante “materiale” da processare e da mangiare: con le loro zampette, essi lavorano lo sterco bovino fino ad fargli assumere una forma sferica e quindi lo trasportano lontano in un luogo caratterizzato dal terreno soffice. La pallina verrà interrata non prima di avergli deposto un uovo all’interno. Sottoterra, protetta dallo dote non proprio profumata lasciata dalla madre, una piccola larva mangia e diventa grande. Talmente grande che ad un certo punto si trasforma in un adulto: si scava una via verso l’esterno e inizia a fare quello che da milioni di anni fanno i suoi avi: mangiare la cacca dei grandi mammiferi.

Quando lo sterco nel prato aumenta, la popolazione di coleotteri cresce e perciò si attua la competizione alimentare. È questo il momento in cui la loro vita si trasforma e da pacifica si fa crudele: le lotte intestine e i furti di palline di cacca diventano la norma.

Questi problemi diventano enormi nella savana africana dove la quantità di sterco è davvero ingente. Mentre nei nostri prati, dove pascolano allegre, le mucche producono circa 25 chilogrammi al giorno di “materiale”, nella savana la situazione si fa insostenibile, perché qui si aggirano numerosi pachidermi. Un elefante infatti mangia circa 250 chilogrammi di erba con conseguente produzione di circa 50 chilogrammi di sterco, circa il doppio di quello emesso dalle mucche. Va da sé che la lotta che si consuma sotto il cielo tempestato di stelle della notte africana è ben più pesante e cruenta di quella combattuta nei pascoli nostrani. Per vincere questa terribile guerra di escrementi bisogna unire alla forza anche l’intelligenza. Questo è il motivo per cui solo gli stercorari che sanno trasportare la loro pallina seguendo una linea retta portano a termine il loro lavoro. Quelli che invece seguono tortuosa piena di curve consumano più energie e diventano prede di ladri di sterco. Ma come seguire una linea retta in mezzo alla savana? Questo è un problema talmente grande che soltanto il cielo può risolvere: viene in soccorso degli stercorari disegnando nel suo centro una grande striscia luminosa dritta come un fuso che prende il nome di Via Lattea.

E quindi, la nostra notte di natale è illuminata da milioni di stelle che si accendono e che si spengono mentre, nello stesso momento, milioni di stelle splendono nelle notte africana guidando una intera legione di stercorari dritti verso la meta.


IL MACAONE

Mese: Dicembre 2016


Cari amici,

anche se questa primavera stenta ad arrivare, sono comparse le prime farfalle. Da qualche giorno infatti si sono visti volteggiare nel cielo i macaoni, i più belli tra i lepidotteri italiani. E dopo aver veleggiato alleggramente tra un temporale e l’altro, hanno avuto modo di deporre qualche uova sulle loro piante nutrici, tra cui il finocchio selvatico e la ruta. Occhi aperti quindi: tra poco troverete qualche bellissimo bruchetto!

Ma andiamo con ordine, parliamo proprio dei bruchi di questa farfalla. Come nella favola del brutto anatroccolo, i bruchi del macaone non hanno un aspetto proprio da adone, anzi, pensate un po’, i piccoli del macaone assomigliano a minuscoli escrementi di uccello. Questo piccolo “escremento” si trasformerà prima in un coloratissimo bruco e poi in una splendida farfalla che spiccherà il volo volteggiando nell’aria inondata dal sole.

Ma come? Direte voi? Ci mandi all’aria la famosa frase di De Andrè che sostiene che “Dai diamanti non cresce niente e dal letame nascono i fiori”. Tu, entomologo da strapazzo, ti metti contro il famoso cantautore sostenendo esattamente il contrario? Che gli splenditi gioielli volanti, gli adulti del macaone, nascono delle cacchette di uccellino?

Cari amici, mi dispiace deludervi (tra l’altro anche io sono un fan di De Andrè) ma con la verità non si negozia: ha sempre ragione lei e per fortuna! I bruchetti, infatti, non avendo ingerito le sostanze aromatiche della pianta nutrice, sono, potenzialmente, dei bocconcini prelibati per predatori. Si travestono da escremento proprio per sfuggire agli uccellini. Dopo aver ingerito una bella quantità di sostanza vegetale aromatica, essi diventano repellenti e quindi si “vestono” con i bellissimi colori che conosciamo e che vedete in foto.

E sapete come passano la vita questi bruchetti? Mangiano, mangiano e mangiano? Quanto mangiano? Tanto anzi tantissimo. Pensate che, di pasto in pasto, il bruco ne fa di strada: da larva neosfarfallata a larva matura il peso aumenta di 30.000 volte! E dopo aver mangiato cosa fanno? Fanno quello che farete voi, cari amici di Eugea, aspettano. Ed infatti per sapere come continua questa storia dovrete aspettare qualche giorno, giusto il tempo di scriverla e metterla su questo blog.

 


EFFETTO FARFALLA

Mese: Dicembre 2016


Pensate a un bellissimo parco dove vivono felici le farfalle, una sorta di paradiso terrestre dove i colorati lepidotteri possono volteggiare di fiore in fiore spensierati. E se per un attimo provassimo a immaginare il muro che si sgretola e le farfalle libere di invadere la città? Potremmo in questo modo uscire di casa un lunedì mattina e osservare un bellissimo macaone volteggiare tra i palazzi facendoci per una volta alzare lo sguardo al cielo.

Vi sembra un sogno? Un’utopia? Certo, su questo punto concordiamo, anche se noi pensiamo che questo sia quello che Montale definiva il sogno che riposa all’ombra della ragione. Esistono, infatti, tante piante che possono nutrire la farfalle ma che rimangono al di fuori della città e che difficilmente entrano nella nostra vita quotidiana. Basterebbe coltivare tali piante per abbattere il muro di cemento e per creare delle vere e proprie strade percorribili dalle nostre amiche colorate. Cari amici, queste strade esistono e prendono il nome scientifico di “corridoi ecologici” e vengono studiati da anni dagli ecologi applicati.

Come costruirli in città? Per avere una ecologia degna di questo nome dobbiamo necessariamente coinvolgere il maggior numero di cittadini possibile. Certo, perché la città è fondamentalmente nostra, di noi privati cittadini e se vogliamo renderla più ecologica e bella dobbiamo scendere in campo in prima persona.

Chiaramente un piccolo aiuto è necessario per organizzare il tutto ed è per questo che alcuni anni fa è nata Eugea, lo spin off dell’Università di Bologna. Eugea propone una ecologia urbana con lo scopo di creare dei corridoi ecologici in grado di connettere i parchi periurbani con quelli urbani. Le farfalle potrebbero così entrare in città colorando di ecologia e bellezza il nostro ambiente. Come realizzare questo sogno? Basta andare su www.eugea.it e informarsi o comperare “il giardino delle farfalle”, coltivarlo nel terrazzo, sul balcone e addirittura sul davanzale. E per i cittadini di Milano facciamo ancora di più: abbiamo costruito un sito www.effettofarfalla.net dove ognuno può segnalare il proprio microhabitat per le farfalle a tutti i cittadini. Potremmo quindi vedere virtualmente cosa sta succedendo nella realtà: la costruzione di queste strade per i lepidotteri. Insomma vorremmo provocare un “effetto farfalla” in grado di dare vita a un uragano colorato in città. E non solo: tutti i prodotti Eugea, e quindi anche il giardino delle farfalle, è stato assemblato a mano da ragazzi di cooperative sociali che hanno il compito di reinserire persone a rischio di emarginazione sociale nel mondo reale.

E quindi? E quindi armatevi di vasetti, semini di Eugea e voglia di condividere: uniti, daremo origine a un uragano colorato pieno di farfalla e di persone che hanno il diritto di una seconda chance.

Buona primavera a tutti


IL MITE INVERNO DELLA VANESSA DEL CARDO

Mese: Dicembre 2016


I giorni della merla, quelli più freddi dell’anno che si presentano a cavallo tra gennaio e febbraio, stanno per arrivare anche nella nostra mite Italia.

Da dove prende origine il nome? Secondo una leggenda il tutto inizia quando una merla di colore bianco si rifugiò con i suoi pulcini in un camino proprio in questi giorni. Il primo febbraio gli uccellini ne emersero completamente neri e da allora, sempre secondo la leggenda, questi pennuti hanno mantenuto la livrea scura.
Altri invece sostengono che questo modo di dire risale ai tempi della prima guerra mondiale e si riferisce in particolare ad un episodio bellico. Era necessario, per motivi di guerra, far traghettare un grosso cannone – chiamato “la merla” – attraverso il fiume Po. I soldati dovettero attendere la fine di gennaio che, con la sua ombra gelida, fece ghiacciare il grande fiume permettendo la faticosa impresa.

Leggenda o realtà, a noi non resta che coprirci bene onde evitare spiacevoli raffreddori. Come affrontano il gelido mese gli animali a sei zampe? La Vanessa del Cardo (Vanessa cardui) è forse l’insetto che se la passa meglio visto che in questo momento sta volteggiando tra i fiori sovrastati dal cielo sempre azzurro del nord Africa.

La vanessa vive in primavera ed in estate in Europa e, a settembre, affronta un grande viaggia che la porta dall’altra parte del Mediterraneo dove passerà l’inverno. Durante questi “caldi mesi” si riproducono e la nuova generazione ripercorre la strada dei genitori al contrario: gli adulti si alzano in volo fino a raggiungere i 500 metri di altezza per poi lasciarsi trasportare dal venticello che spira sempre a quelle altitudini. Grazie a questa spinta, la vanessa attraversa il mediterraneo, arriva nel sud dell’Italia, raggiungere le coste dell’Abruzzo e delle Marche e taglia la strada dirigendosi in mare aperto verso le coste dell’altra sponda dell’Adriatico. La farfalla “sa” che a nord della pianura padana c’è la catena montuosa delle Alpi – davvero difficile da valicare – e quindi sceglie la via del mare per andare verso il nord Europa. Sono famosi gli sciami di farfalle che si aggregano in Abruzzo e nelle Marche in primavera/estate prima di attraversare l’Adriatico.

Giunta dall’altra parte del mare, l’enorme sciame di farfalle si divide in due gruppi: uno si dirige verso la Scandinavia mentre l’altro arriva addirittura in Islanda. La vanessa può viaggiare ai 45 km/h percorrendo anche 15.000 km.

Il suo viaggio deve però ancora iniziare e mentre noi siamo costretti a vivere sotto il cielo plumbeo di gennaio, la vanessa volteggia serena nell’aria inondata dal sole.


IL TASSO DEL MIELE E L'UCCELLO INDICATORE

Mese: Dicembre 2016


Nella savana africana esiste una vera e propria associazione a delinquere che ha, come obbiettivo, quello di scassinare il deposito delle api per depredare l’oro zuccherino e liquido. La banda in questione è formata dall’uccello indicatore golanera (Indicator indicator) e dal tasso del miele o mellivora (Mellivora capensis).

L’uccello indicatore, lo scaltro, perlustra il territorio alla ricerca di un favo da depredare. Appena ne individua uno, emette dei lunghi fischi che richiamano il suo compare, il massiccio e coraggioso tasso del miele.

Appena la banda si riunisce inizia la loro attività truffaldina: l’uccello vola di ramo in ramo emettendo dei lunghi fischi e mostrando la coda bianca e nera al suo complice che non lo perde mai di vista. Quando giungono in prossimità del favo, il tasso affronta a mani nude le api inferocite. Questi insetti, ovviamente, lo pungono a tutto spiano ma lui non si preoccupa e continua a distruggere le cellette di cera con i grandi artigli. Egli infatti possiede una rara resistenza sia al veleno delle api ma anche a quello dei serpenti. Quando viene morso da un rettile mortale, il tasso se la cava con un dormita di due ore e, al risveglio, ritorna alla vita come se nulla fosse successo. Per questo motivo l’animale ha suscitato molto interesse nell’ambito medico che lo studia da tanti anni per sviluppare degli efficienti anticorpi e sieri antiveleno.

Come dicevano, mellivora distrugge il favo, scaccia le api, ruba il miele e lascia libero il campo all’uccello che chiude il cerchio mangiandosi tutte le larve del favo. Spesso e volentieri il delitto perfetto si complica con l’arrivo di un’altra specie che, al pari del tasso, è ghiotta di miele. Quando il silenzio della savana viene squarciato dall’inconfondibile fischio dell’uccello indicatore, alcuni individui della specie Homo sapiens sapiens iniziano a seguire il duo criminale.

Giunti sul luogo del crimine, il tasso fa cadere il nido, lo scoperchia, affronta la api inferocite e proprio mentre inizia a leccare la sua dolce ricompensa, il terzo incomodo fa la sua comparsa armato di bastoni con cui riesce, invariabilmente, a scacciarlo. Saranno quindi gli esseri umani a prelevare il miele dai favi e a lasciare le larve all’uccello indicatore.


IL PICCIONE, LA FARFALLA E L'ECOLOGIA IN CITTÀ

Mese: Dicembre 2016


La prima azione di ecologia urbana al mondo è avvenuta in Italia durante il Medio Evo. Dalle alte scogliere marine che corrono lungo il perimetro del nostro Paese, sono stati prelevati numerosi uccelli che vivevano in anfratti tra le rocce. I volatili vennero liberati nelle città preventivamente progettate a loro immagine e somiglianza: le torri e i palazzi prevedevano sempre dei buchi facili da colonizzare e nel quale costruire un nido sicuro. Si trattava della Colomba fulva, l’antenato del nostro piccione. Lo scopo di questa introduzione è intuitiva: fornire delle proteine animali ai cittadini in caso di carenza di cibo oppure quando la città era sotto assedio. In quest’ultimo caso, dato che il reperimento dei prodotti dalla campagna era impossibile, ci si arrangiava con i piccioni.
Con il passare del tempo, la funzione originaria del colombo si è persa anche se la sua capacità di adattarsi alle “scogliere” cittadine è rimasta invariata. Anzi, le pareti verticali dei palazzi sono diventati il loro luogo elettivo e i piccioni hanno abbandonato la loro vita marina per insediarsi in città. E se è vero che tutte le strade portano a Roma è vero anche il contrario e i piccioni sono partiti dall’Italia e ora vivono in tutte le città del mondo. Ebbene, quello che è stato fatto durante i secoli buoi potremmo replicarlo in chiave moderna e conforme a questo luminoso inizio di nuovo millennio: al posto dei piccioni potremmo accogliere, tra le strade affollate, le figlie del sole, le perle colorate che prendono il nome di farfalle. Come?
Con Eugea ovviamente: se volete assistere ad un volo colorato questa primavera, andate sul nostro sito e fate incetta dei nostri prodotti.


GESTIRE L’ANGOLO VERDE CON LA LOTTA BIOLOGICA: GLI AFIDI

Mese: Dicembre 2016


L’ecosistema è l’insieme delle relazioni intercorrenti tra le specie e il loro ambiente. Da milioni di anni gli esseri viventi interagiscono e comunicano tra di loro creando una rete intricata di voci che corrono veloci nel giardino, nel parco e in ogni luogo dove risiede la natura.

La lotta biologica cerca di interpretare il linguaggio della natura e di indirizzarlo verso la difesa delle piante coltivate. Eugea, ex spin off dell’Università di Bologna, ha tradotto queste tecniche a favore del cittadino.

Prima di parlare delle tecniche di lotta biologica vorrei presentare i principali insetti dannosi alla nostre piante da balcone: gli afidi.

Questi insetti così diffusi hanno una dieta che consiste esclusivamente nella linfa elaborata delle piante: un liquido molto zuccherino usato dai vegetali per distribuire il frutto della fotosintesi clorofilliana. Sono, in altre parole, dei piccoli vampiri vegetariani.

Se da una parte questo tipo di alimentazione ha dei vantaggi dall’altra nasconde degli aspetti negativi. Il primo vantaggio è relativo all’abbondanza di cibo ricco di calorie. Tutte le piante hanno la linfa elaborata e quindi è piuttosto facile, per questi insetti, reperire il loro alimento. Lo svantaggio è connesso allo scarso quantitativo proteico della linfa elaborata. Per soddisfare il loro fabbisogno azotato, gli afidi devono quindi suggere un quantitativo di liquido estremamente elevato. La cosa pone diversi problemi. Gli afidi, per esempio, trascorrono la loro intera esistenza fermi a succhiare la linfa elaborata e quindi sono alla mercé di tanti predatori. Per questo motivo hanno una elevata fertilità che ottengono eliminando – quasi – completamente il genere maschile. In pratica l’intera popolazione degli afidi è composto da individui femminili in grado di generare figli. E non solo, questi insetti presentano l’inscatolamento delle generazioni: la piccola afide, quando nasce (gli afidi partoriscono, caso quasi unico nel mondo degli insetti) è già incinta dato che ospita, nel suo microscopico ventre, una piccola figlioletta che nascerà dopo poco. Il fenomeno è facilmente osservabile in primavera quando notiamo, in pochi giorni, svilupparsi una popolazione enorme da pochi iniziali individui. Il secondo grande svantaggio consiste nella loro dieta fortemente sbilanciata a favore degli zuccheri. Questo è motivo per cui, attraverso un organo chiamato “camera filtrante”, vengono separate le proteine dagli zuccheri, il cui eccesso viene eliminato tramite un sostanza che prende il nome di melata. Per conoscere questa sostanza è sufficiente parcheggiare la macchina sotto un tiglio in primavera: dopo poche ore si ricoprirà di una sostanza appiccicosa e zuccherina.

Grazie ai due meccanismi gli afidi sono in grado di generare un quantitativo di figli mostruosamente alto. Quanto mostruoso? Lo vedremo la prossima settimana! E capiremo come usare la lotta biologica per frenare questa orda selvaggia.